a cura dell’avv. Mattia Massa
Il D.L. 17 marzo 2020, n. 18, c.d. Cura Italia, ha previsto con l’ art. 46 il divieto di licenziamento per giustificato motivo oggettivo (g.m.o.) per il recesso intimato dal datore di lavoro, al di là del numero dei dipendenti occupati, per “60 giorni” (dal 17 marzo 2020 al 15 maggio 2020). La stessa norma ha stabilito, per il medesimo periodo, il divieto di avvio di licenziamenti collettivi ovvero la sospensione delle procedure di licenziamento collettivo avviate successivamente al 23 febbraio 2020.
La legge di conversione del c.d. Cura Italia (L. 24 aprile 2020, n. 27), in vigore dal 30 aprile 2020 ha, poi, escluso dal divieto e dalla sospensione delle procedure di licenziamento collettivo quelle ipotesi “in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto d’appalto”. Consentendo, quindi, la deroga per quei casi che assicuravano la continuità dell’occupazione dei lavoratori (ad esempio, tra gli altri, come previsto dal CCNL Multiservizi).
In sede di conversione, tuttavia, nessuna modifica è stata apposta al periodo di efficacia del divieto di licenziamento che, dunque, come previsto dal c.d. Cura Italia è scaduto alla mezzanotte del 16 maggio 2020.
Solamente il 19 maggio 2020, il legislatore d’urgenza ha pubblicato in Gazzetta Ufficiale il c.d. Decreto Rilancio (D.L. 19 marzo 2020, n. 34) che all’ art 80 interviene sulla durata del divieto di licenziamento previsto dall’art. 46 del c.d. Cura Italia, sostituendo le parole “60 giorni” con “cinque mesi”, in questo modo disponendo, in via retroattiva, il divieto di licenziamento per g.m.o. e la sospensione delle procedure di licenziamento collettivo e individuale di cui all’art. 7 L. 604/1966, per un periodo intercorrente dal 17 marzo 2020 al 17 agosto 2020.
Il cortocircuito è evidente: tra il 16 ed il 19 maggio 2020, nel limbo derivante dal vuoto normativo, cosa ne è stato del potere datoriale di licenziare per g.m.o.?
In assenza di una norma che sospendesse il diritto di recesso del datore per g.m.o., essendo scaduto il termine dell’art. 46 vecchio testo Cura Italia, l’esercizio dello stesso è stato senza dubbio possibile per:
- Lavoratori assunti prima del 7 marzo 2015 in imprese che occupano meno di 15 dipendenti, oppure meno di 5 per le imprese agricole;
- Lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015, rientranti nel regime delle tutele crescenti.
Il quadro sulla legittimità/illegittimità dei licenziamenti per g.m.o., vista la frenetica evoluzione normativa d’urgenza, è oggi quanto mai articolato, potendo esservi:
- Licenziamenti per g.m.o. illegittimi perché intimati tra il 17 marzo 2020 ed il 15 maggio 2020;
- Licenziamenti per g.m.o. legittimi perché intimati tra il 16 maggio 2020 ed il 19 maggio 2020;
- Licenziamenti per g.m.o., di nuovo, illegittimi perché intimati tra il 19 maggio 2020 ed il 17 agosto 2020;
Il terreno su cui le imprese sono dunque chiamate ad operare è assai insidioso e la complessa intersecazione tra le norme originate dalla decretazione d’urgenza e le quelle precedentemente in vigore richiede un’approfondita valutazione del singolo caso di specie per non incappare in facili (ma certamente dannosi) errori procedurali.